La dinastia Ming

 

Fonte: Studiare Meglio

 

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La dinastia Yuan, mongola, governò prima dell'insediamento della dinastia Ming. La discriminazione dei mongoli contro i cinesi viene spesso considerata come causa primaria per la fine del dominio Yuan in Cina. Altre cause includono la collusione con i lama tibetani nel deprivare i cinesi delle loro terre, la eccessiva circolazione di cartamoneta, che fece decuplicare l'inflazione durante il regno dell'imperatore Yuan Shundi, e l'inondazione del fiume Giallo come risultato dell'abbandono dei mongoli dei progetti di irrigazione.

Verso fine del dominio Yuan, l'agricoltura cinese era disastrata. Quando centinaia di migliaia di civili cinesi vennero chiamati per lavorare sul fiume Giallo, maturò la prospettiva della rivolta. Dopo molti anni di lotte, il gruppo ribelle condotto da Zhu Yuanzhang, il futuro imperatore Hongwu, divenne il più potente dei vari gruppi cinesi Han e Zhu dichiarò la fondazione della dinastia Ming nel 1368, stabilendo la sua capitale a Nanjing e adottando "Hongwu" (che significa immensamente marziale) come titolo e nome del suo periodo di regno. Divenuto orfano da adolescente, Zhu era entrato in un monastero Buddista, per evitare la fame. Durante questo periodo aderì ad una società segreta conosciuta come "il fiore di loto bianco". Più tardi, da condottiero ribelle, entrò in contatto con gli eruditi confuciani appartenenti alla classe dei proprietari terrieri, dai quali ricevette una educazione in affari di stato. Si posizionò quindi come difensore del confucianesimo e delle convenzioni neo-confuciane, e non come un ribelle popolare. Malgrado le umili origini, egli emerse come condottiero nazionale contro la decadente dinastia Yuan. Zhu divenne uno dei due soli fondatori dinastici che emersero dalla classe rurale (l'altro è Han Gaozu della dinastia Han; Mao Zedong e Deng Xiaoping sono gli altri due rivoluzionari di umili origini che hanno condotto la nazione più popolosa al mondo. Dopo aver combattuto e allontanato le calamità della invasione mongola, e date la seria minaccia alla Cina che i mongoli ancora ponevano, Hongwu restaurò la ortodossa visione confuciana che vedeva i militari come classe subordinata alla burocrazia degli eruditi. In parole povere, mantere un esercito potente era essenziale perché i mongoli rimanevano ancora una minaccia. Indotto dalla avversione confuciana verso il commercio, Hongwu appoggiò la creazione di comunità agricole largamente autosufficienti. Le tenute neofeudali che si erano sviluppate alla fine della dinastia Song e durante quella Yuan furono espropriate con lo stabilimento della dinastia Ming. Grandi latifondi furono confiscati dal governo, frammentati e messi in affitto; e la schiavitù ad uso dei privati venne vietata. Di conseguenza, dopo la morte dell'imperatore Yongle, contadini indipendenti predominarono nella agricoltura cinese. Sotto Hongwu, i burocrati mongoli che avevano dominato per quasi un secolo sotto la dinastia Yuan vennero sostituiti dai cinesi Han. Il tradizionale sistema confuciano di esaminazione, che selezionava i burocrati di stato o i servi civili sulla base del merito, venne ripristinato. I candidati per i posti nel servizio civile e per alcuni uffici nell'esercito, di nuovo dovevano passare i tradizionali esami competitivi sui classici. La classe dei letterati confuciani, marginalizzati durante gli Yuan per circa un secolo, di nuovo tornarono ad assumere la loro posizione predominante nello stato cinese. Hongwu tentò, e in parte ci riuscì, di consolidare il controllo su tutti gli aspetti del governo, in maniera che nessun altro gruppo potesse guadagnare abbastanza potere da sovvertire il suo, e per rinforzare le difese del paese contro i mongoli. Come imperatore Hongwu concentrò sempre di più il potere sulle sue stesse mani ed abolì il segretariato imperiale, che era stato il corpo amministrativo centrale principale durante le dinastie precedenti, dopo aver arrestato una congiura per la quale aveva accusato il suo primo ministro. Mentre imperatori incompetenti potevano avvicendarsi, il primo ministro poteva garantire un livello di continuità e competenza nel governo. Hongwu, desideroso di concentrare autorità assoluta sulle sue mani, abolì l'ufficio del primo ministro e così rimosse la sola assicurazione contro imperatori incompetenti. Hongwu venne succeduto da suo nipote, che venne però subito usurpato da suo zio Chengzu, un figlio di Hongwu più giovane, che regnò come l'imperatore Yongle dal 1403 al 1434, e fu responsabile del ritorno della capitale di nuovo a Pechino. Hongwu aveva notato il ruolo distruttivo degli eunuchi di corte sotto i Sung, riducendone cosi i loro numeri, vietando loro di maneggiare documenti, insistendo che rimanessero illetterati e liquidando quelli che commentavano sullo stato degli affari. Hongwu aveva una pronunciata avversione verso gli eunuchi imperiali (una corte di servi castrati per l'imperatore) evidente nella tavoletta del suo palazzo che enunciava: "Gli eunuchi non possono avere nulla a che fare con l'amministrazione." Sotto il suo successore, comunque, essi cominciarono a riguadagnare la loro vecchia influenza. Il ruolo dell'imperatore in questo divenne ancora più autocratico, anche se Hongwu necessariamente continuava ad usare quello che egli chiamava "Grande Segretariato" per gestire la mole immensa di incartamenti della burocrazia, che includevano memoriali (petizioni e raccomandazioni al trono), editti imperiali di risposta, notizie di vari tipi e registri delle tasse. Durante il regno di Hongwu, la dinastia Ming vide una rapida e drammatica crescita della popolazione, soprattutto grazie all'aumentata disponibilità di cibo dopo le riforme agricole di Hongwu. Alla fine della dinastia Ming la popolazione probabilmente era cresciuta di almeno il 50%. L'imperatore Hongwu temeva sempre più ribellioni e colpi di stato. Rese la critica da parte di qualunque dei suoi consiglieri una offesa capitale. Una storia dice che uno studioso confuciano, che si opponeva alle politiche di Hongwu, decise di andare nella capitale e rimproverare l'imperatore. Dopo aver attratto degli ascoltatori, portò con sé una bara. Alla fine del suo discorso, salì sulla bara, attendendo l'ordine di esecuzione dell'imperatore. L'imperatore, al contrario, fu così colpito dalla sua spavalderia che gli risparmiò la vita. Tra il 1405 e il 1433, gli imperatori Ming inviarono sette spedizioni marittime per esplorare i mari del Sud e attraverso l'oceano Indiano. La xenofobia e l'introspezione intellettuale caratteristici dell'era nella sempre più popolare nuova scuola neo-confuciana, non condusse così all'isolamento fisico della Cina. I contatti con il mondo esterno, in particolare con il Giappone e il commercio con l'estero incrementarono notevolmente. L'imperatore Yongle tentò strenuamente di estendere l'influenza della Cina al di fuori dei suoi confini, incoraggiando gli altri regnanti a spedire ambasciatori in Cina per offrire tributi. Gli eserciti cinesi riconquistarono Annam e bloccarono l'espansionismo mongolo, mentre la flotta cinese varcava i mari della Cina e dell'Oceano indiano, arrivando fino alle coste orientali dell'Africa. I cinesi acquisirono una certa influenza sul Turkestan, le nazioni marittime dell'Asia spedirono convogli con omaggi per l'imperatore cinese. All'interno del paese, il "Gran Canale" venne espanso ai suoi limiti più estremi e funse da stimolo per il commercio interno. L'impresa più straordinaria, comunque, fu quella rappresentata dalle sette spedizioni navali di Zheng He, che attraversò l'oceano indiano e l'arcipelago asiatico di sud-orientale. Un ambizioso eunuco musulmano di discendenza Hui, esterno alle strutture elitarie degli eruditi confuciani, Zheng He condusse sette spedizioni dal 1405 al 1433, sei delle quali sotto gli auspici di Yongle. Probabilmente arrivò fino al Capo di Buona Speranza e, secondo la controversa teoria del 1421, nelle Americhe. L'incarico di Zheng del 1403, per condurre una squadra marittima fu un trionfo per le lobby commerciali che cercavano di stimolare il commercio tradizionale, non il mercantilismo. Gli interessi delle lobby commerciali erano connessi anche a quelli delle lobby religiose. Entrambi erano erano offensive per le sensibilità neo-confuciane delle elite erudite: lobby religiose incoraggiavano il commercialismo e l'esplorazione, che avvantaggiavano gli interessi commerciali, per deviare i fondi statali dagli intenti anticlericali dei letterati confuciani. La prima spedizione nel 1405 consisteva in 62 navi e 28˙000 uomini, a quel tempo la più grande spedizione navale della storia. Le navi a più strati di Zheng He trasportavano fino a 500 soldati ma anche partite di beni da esportare, soprattutto sete e porcellane, e riportavano indietro beni di lusso stranieri come spezie e legni tropicali. La ragione economica per queste enormi imprese poteva essere stata importante, e molte delle navi avevano larghe cabine private per mercanti. Ma l'obiettivo principale era probabilmente politico, per acquisire nuovi stati come tributari e marcare la riemersione dell'impero cinese dopo quasi un secolo di dominio barbarico. Il carattere politico dei viaggi di Zheng He indica il primato delle elite politiche. Nonostante le loro forze formidabili e senza precedenti, i viaggi di Zheng He, a differenza delle spedizioni europee più tardi nel quindicesimo secolo, non erano intese ad estendere la sovranità Cinese al di là dei mari. Indicativa della competizione tra le elite, queste escursioni erano anche diventate politicamente controverse. I viaggi di Zheng He erano stati appoggiati dagli eunuchi di basso rango suoi compagni a corte e strenuamente opposti agli ufficiali di istruzione confuciana. Il loro antagonismo era in effetti così grande che essi provarono a cancellare le menzioni delle spedizioni navali nei registri ufficiali dell'impero. Secondo una interpretazione di compromesso le incursioni dei mongoli orientarono il bilanciamento a favore delle elite confuciane. A partire dalla fine del quindicesimo secolo, ai soggetti imperiali venne impedito di costruire navi per l'oceano o di lasciare il paese. Alcuni storici speculano che questa misura venne presa come risposta alla pirateria. Secondo storici degli anni 1960, come John Fairbank e Joseph Levinson, questo rinnovamento si convertì in stagnazione, la scienza e la filosofia vennero strette in una rete di tradizioni che soffocavano ogni tentativo di intraprendere qualcosa di nuovo. Gli storici che mantengono questa posizione mettono in evidenza, nel quindicesimo secolo, l'abbandono per decreto della grande flotta, il divieto di costruzione di navi per mare, il decadimento dell'industria del ferro.

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